Forza e fragilità delle relazioni
di Gianni Ferronato
Qualche riflessione sul tema
Si potrebbe partire dalle vicende accadute e discusse in diversi incontri politici (Milano, Verona, Mestre a cui ho partecipato, ma anche a Roma e in altri luoghi di cui sono venuto, in parte, a conoscenza) sulla politica delle relazioni di donne e uomini. Vicende che hanno messo a dura prova relazioni che parevano ben solide. A me personalmente ha colto di sorpresa l’incrinatura nelle relazioni tra donne, perché non vedevo differenze a livello di pensiero o di orizzonte simbolico e politico, parendomi invece che a scatenare la frattura fossero questioni minori come il modo di procedere, le diverse percezioni l’una dell’altra e forse anche un eccessivo desiderio di protagonismo.
Mi viene in mente ora la domanda che Luisa M. rivolse ad Adriana quando si conobbero e cioè da dove traesse tutta quell’energia che ha sempre manifestato. Mi pare di ricordare che Adriana rispondesse “dalle relazioni con altre donne” e credo che si riferisse ad alcune donne in particolare non a tutte indistintamente. Eppure alcune di queste, mi pare, che siano diventate per Adriana più un peso che una risorsa.
Mi ha colpito, a suo tempo, anche l’infedeltà subita da Graziella B. da parte di alcune donne della sua Giunta e del Consiglio comunale.
Che autorità può avere quindi una donna se non può contare sulla fiducia di un’altra donna all’interno di un’impresa comune?
Intendo qui autorità non nel senso di potere, cordata, forza dei numeri, ma come contagio di fiducia tra chi è autorevole e chi è in relazione con lei.
In questo gli uomini hanno fallito. Non solo non si fidano dei “nemici” ma neanche dei compagni di partito.
Forse gli ultimi uomini che sono riusciti a fidarsi degli altri sono stati Gandhi, Mandela, i padri fondatori dell’Europa, Schuman, Adenauer, De Gasperi.
Leggere la crisi dell’autorità maschile nella politica come incapacità di dare fiducia forse può aiutare noi uomini a svecchiare la riflessione sul tema.
Da recenti letture di geopolitica su Limes mi impressiona il fatto che nella politica estera americana l’obbiettivo principale non sia più quello di fare il gendarme del mondo (troppo costoso) ma quello dell’equilibrio di potenza, cioè che nessun attore regionale prevalga in modo definitivo. Anche a costo di spaventose guerre regionali. Tra l’altro sarebbe un grande affare per l’industria bellica americana. In questa chiave va letto l’accordo sul nucleare iraniano. Questo significa che gli americani non possono fidarsi di nessuno.
Per questo la mia aspettativa nei confronti della politica delle donne è così grande, proprio perché so che quella degli uomini produrrà solo lutti e disastri. E per questo è così grande la mia delusione davanti alle rotture prima nominate.
Si potrebbe poi proseguire con l’analisi delle relazioni di ciascuno/a di noi: quelle rinvigorenti, quelle che si trascinano, quelle in sospeso, quelle interrotte. Non per fare l’inventario ma per capire quali sono vitali per noi, quali è bene tagliare, quali è bene comunque tenere aperte.
Si potrebbe anche porre un’attenzione particolare sulle relazioni uomini-donne, su cosa rende così difficile la fiducia reciproca. Visto che il nostro fil rouge è la relazione di differenza.
Io sento molto, in questa fase della mia vita, la fatica che comportano alcune relazioni. Accanto alle poche che mi danno sicurezza e forza sento il peso, la fragilità per esempio della relazione con i miei figli/e alla quale non voglio sottrarmi, ma che scivola facilmente fra conflitto e accusa da una parte e rottura o estraneità dall’altra.
Fragile sento anche la relazione con molti/e del mio gruppo pacifista. Perché se esprimo un po’ di più le mie attese nei loro confronti temo di restare solo. E così è anche con alcune amicizie. Ma non dico tutto, se no, dopo, non ho più niente da dire.
Credo sia bene che anche altri e altre facciano aggiunte o integrazioni a questa semplice traccia.